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Visita ai Musei e rifugi S.M.I

Un brindisi alla libertà dalla Società Metallurgica Italiana.

Finita la gita a Dynamo Camp siamo andati a Borgo Tizzoro e abbiamo visitato il museo della S.M.I., Società Metallurgica Italiana, l’antenata dell’odierna KME. Dalla ex fabbrica di munizioni trasformata in accoglienza per ragazzi con disabilità, la Dynamo Camp, alla ex fabbrica di munizioni trasformata in un museo nel 2010 su idea e progettazione dell’architetto Gianluca Iori, in collaborazione con KME, allora proprietaria del sito e dell’azienda oggi invece di proprietà IRSA (Istituto di Ricerche Storiche e Archeologiche).

Anche qui, dire che è solo un museo non fa capire bene a cosa ci si trovi di fronte quando la passione di chi ha vissuto quei luoghi che sono intrisi della storia della S.M.I. e che, si può dire, sono frutto della S.M.I., si mette a raccontarteli. A farlo una ragazza strepitosa, così preparata, non solo sulla storia dei fatti, ma anche sull’arte della narrazione che siamo rimasti tutti rapiti. Era come se si potessero vedere gli Orlando quando, rimasti orfani di padre, si sono rimboccati le maniche e hanno dato il via al loro successo imprenditoriale che dalla Sicilia li ha portati in tutta Italia. La storia di una famiglia che coincide con la storia dell’Italia, fatta di dedizione e lungimiranza, pur essendosi loro specializzati (o forse, proprio essendosi specializzati) in qualcosa di decisamente controverso, come le munizioni. E in questo Museo si ripercorre la storia del munizionamento italiano leggero e pesante d’Italia dal 1860 al 2000, si racconta la guerra e la vita di una valle, la guerra e il lavoro, la guerra e l’etica persino, che sembrerebbe quasi un ossimoro. Eppure. Inoltre questo museo ha la caratteristica di avere l’unico e più vasto rifugio antiaereo d’Europa che si snoda per oltre 2 km. E vuoi non andare a visitarlo? Il Rifugio sono una serie di gallerie scavate nella roccia ad una profondità tra i 15 ed i 30 metri sotto il perimetro dell’area della S.M.I. Furono realizzate dall’azienda, ci racconta ora un ragazzo al quale siamo stati affidati per la visita, per mettere al riparo la forza lavoro, considerato il bene più importante della fabbrica. La struttura più estesa d’Europa, ci dice, munita e accessoriata di tutto punto per resistere ai bombardamenti più intensi. Per le scale che ci portano in profondità si leggono delle frasi che ci fanno sentire i brividi: “State calmi. In queste scale avete già un riparo”. E una volta arrivati giù, nell’umidità del cuore della terra, si può solo immaginare cosa provassero i rifugiati. Nel dedalo di corridoi dove ci sono infermerie, stanze da letto, una chiesetta, a volte si incontrano delle gabbiette da uccellini. Il nostro accompagnatore ci spiega che erano una specie di allarme. Se l’uccellino moriva, voleva dire che l’ossigeno scarseggiava.

Ecco, con questa immagine di una gabbia vuota e quella che subito si apre nella mente di uomini e donne in cerca di riparo dagli orrori della guerra, risaliamo in superficie e il sole e il cielo e la libertà ci sembrano così belli e necessari che decidiamo di andare a bere un aperitivo, anche se sono solo le 5 del pomeriggio. Bisogna brindare alla fortuna di essere liberi!